Scritture In-Colte

Il messaggio cristiano tra raffigurazioni simboliche e visive nelle scritture beneventane e nei codici capitolari dal VII al XIV secolo.

L’esposizione vede la collaborazione tra il Museo diocesano di proprietà dell’Arcidiocesi di Benevento, e la Biblioteca Capitolare di proprietà del Capitolo Metropolitano “Santa Maria Assunta” di Benevento. È incentrata su tema della comunicazione nella Chiesa beneventana durante i secoli VIII-XIV
A partire dal secolo VII sempre più lo scrivere e il leggere furono elemento strutturale e organico dell’universo monastico ed ecclesiastico e l’attività legata alla produzione dei manoscritti via via si concentrò negli scriptoria sorti all’interno di istituzioni religiose.
La scrittura beneventana, strumento per sapienti, nata nella seconda metà del secolo VIII, allorquando il ducato di Benevento era governato da Arechi II (758-787), anni in cui fu edificato il monastero di Santa Sofia, è posta in relazione con altri apparati iconografici destinati anche agli incolti: la mostra propone infatti il minuscolo sarcofago in legno capsella-reliquiario, rivestito di lamine di bronzo dorato lavorate a sbalzo con un complesso ciclo iconografico, la cassetta-reliquiario di san Bartolomeo e le foto delle formelle della porta di bronzo della cattedrale di Benevento, magistralmente fotografate dopo il rovinoso bombardamento del 1943 e prima del restauro.

Data: 26/01/2019 – 30/06/2019
Regione: Campania
Città: Benevento
Tema: La Scrittura

Il progetto “Longobardi in vetrina” nasce dalla volontà di far conoscere e dialogare i musei, che ciascuno dei sette luoghi della rete del sito seriale (Cividale del Friuli, Brescia, Castelseprio-Torba, Spoleto,  Campello sul Clitunno, Benevento, Monte Sant’Angelo) con altri musei nazionali non appartenenti alla rete ma dotati di una sezione longobarda o altomedievale.

Questo incontro si è realizzato attraverso 7 esposizioni tematiche articolate nelle 15 sedi tra cui:

Il museo diocesano di Benevento
Il museo diocesano è formato da un percorso archeologico ipogèo e da un’area espositiva comprensiva anche della pseudocripta. la pseudocripta consta di due navate allineate, la cui fondazione in opus vittatum risale al v secolo d.c., separate tra di loro da un colonnato realizzato con elementi di spoglio. in questi spazi sono visibili alcuni lacerti di pavimentazione in opus sectile databili alla prima metà del xii secolo e numerosi frammenti di pitture murarie che decoravano le cappelle, tra cui il ciclo pittorico dedicato a san barbato, collocabile tra la fine del ix e gli inizi del x secolo. ospita la cattedra in ferro battuto di san barbato del vii secolo, la figura alata datata al xiv secolo, le ampolle vitree datate tra il i ed il iv secolo d.c, le lapidi paleocristiane, i carmi sepolcrali dei principi longobardi di benevento datati al ix secolo, una capsella-reliquiario del secolo viii in legno ricoperto di una lamina di rame dorato con incisioni; la croce aurea del vescovo pietro sagacissimo (secoli ix-x); i frammenti degli amboni del duomo del xiv secolo.

Biblioteca Capitolare di Benevento
La Biblioteca capitolare è l’archivio del capitolo metropolitano della chiesa cattedrale di Benevento, che nel corso dei secoli ha assunto anche i caratteri di biblioteca. Conserva un gran numero di manoscritti e codici rari e unici, il più antico è un diploma del principe longobardo Radelchi II dell’898.
Con la dizione di biblioteca capitolare si designa l’archivio del capitolo metropolitano della chiesa cattedrale di benevento, che nel corso dei secoli ha assunto anche i caratteri di biblioteca.
Il patrimonio odierno della biblioteca è costituito da circa 2.000 manoscritti, 4.600 pergamene e 11.000 volumi a stampa. di particolare interesse si rivelano i 42 codici vergati in minuscola beneventana (il più antico è attribuito al primo venticinquennio del secolo ix) e il materiale documentario (il più antico è un diploma del principe longobardo radelchi ii dell’898).
La biblioteca è frequentata da studiosi provenienti da tutto il mondo per la rarità e unicità dei beni ivi custoditi.

La cattedrale di Benevento, enorme, è stipata di gente, eppure silenziosa. Un giovane diacono sale sull’ambone e si volge verso la folla. La testa ritta, gli occhi rivolti verso l’alto, la voce chiara. Intona l’Exultet, la lode pasquale al Signore.

Ai suoi piedi la folla tace, rapita dal canto. Le sillabe si accavallano le une alle altre, fuse in una nenia ipnotica di parole latine che il popolo capisce a stento. Fra le mani del religioso, però, c’è qualcosa che la gente può ben seguire: un rotolo istoriato che pian piano il ragazzo svolge, al ritmo del canto. La parola di Dio diviene immagine: potente, reale. Le sillabe si fanno vita, come in un miracolo.
Avevano fame di immagini, i Longobardi. Erano un popolo di barbari nomadi.
Avevano percorso miglia e miglia attraverso selve e steppe, prima di giungere in Italia.
Il loro immaginario si era formato guardando le ombre spandersi sui boschi, i pesci guizzare nel greto nei fiumi, il mare risucchiare le onde in gorghi, i fulmini esplodere nel cielo, scatenando immani tempeste. Le parole vergate sul foglio non erano lettere e suoni, ma incantesimi che evocavano paesaggi, eventi, uomini.
Per i Longobardi le parole non erano parole, erano visioni, e la nuova lingua che portarono in Italia era fatta di immagini possenti.
Il loro dialetto germanico sopravvisse per poco, assorbito da quel latino che adottarono in fretta.
Ma le loro visioni no: si trasformarono in sculture, disegni, bassorilievi. Ogni cappella non era pietra, ogni reliquiario non era un oggetto, era un racconto. Nella loro mente tutto si tramutava di continuo in qualcos’altro. La parola di Cristo diveniva carne, e il Cristo stesso non era lontano e astratto, era un corpo d’uomo, ma anche un animale nella natura, un ippocampo che guida torme di pesci, o una fonte che zampilla nel deserto.
Non metafora ma esempio: l’eternità si faceva tangibile, come un serpente che si morde la coda in un anello infinito di passato, presente futuro.
Scritture incolte, quelle dei Longobardi. Fantasie nate dalla loro avventura umana che si trasformano in immagini possenti. Vengono fissate sulle pagine per trasformarsi infine in lettere e in manoscritti sontuosi, adatti alle raffinate corti dei loro duchi e re. Eleganti e immediati come tutto ciò che sgorga dall’esperienza di un popolo che ha creato la storia.

Mariangela Galatea Vaglio